Trombosi venosa profonda: sintomi, cause e cura

Introduzione

La trombosi venosa profonda è una patologia potenzialmente fatale, in quanto principale causa di embolia polmonare.

Il sistema venoso si divide in profondo e superficiale, a seconda della posizione dei vasi sanguigni nel sottocutaneo rispetto alla fascia dei muscoli. Le due reti venose sono collegate dalle vene perforanti (così dette perché perforano la fascia muscolare, in modo tale che, in condizioni normali, il flusso sanguigno sia diretto dalla rete superficiale a quella profonda, e non viceversa).

Le vene degli arti inferiori sono dotate al loro interno di valvole che impediscono il reflusso del sangue verso il basso, favorendone così il ritorno al cuore. Un ulteriore meccanismo che contrasta la stasi venosa dovuta alla gravità è quello dell’azione di pompa esercitata dai muscoli sulle vene profonde. Il movimento degli arti è quindi fondamentale per prevenire il ristagno di sangue, condizione accompagnata dalla tipica sensazione di gonfiore e pesantezza.

Il trombo è un coagulo di sangue che si crea in circostanze inappropriate all’interno di un vaso sanguigno. La formazione di un coagulo (o di un trombo) è un processo complesso che coinvolge vari fattori contenuti nel sangue (fattori procoagulanti e anticoagulanti) e le piastrine.

Un trombo può determinare un’occlusione parziale o totale del vaso.

Il trombo che ha determinato la trombosi può andare incontro a parziale rottura e venire incanalato nel torrente circolatorio in direzione del cuore e dei polmoni, dove può bloccare in parte o completamente l’afflusso di sangue esponendo il soggetto a complicanze potenzialmente fatali (embolia polmonare).

Rappresentazione schematica della trombosi venosa profonda

iStock.com/metamorworks

Le sedi maggiormente colpite dalla trombosi venosa profonda sono rappresentate dai vasi profondi degli arti inferiori (ossia le gambe, sia nel polpaccio che nella coscia) e del bacino.

In casi più rari può verificarsi anche in altri distretti dell’organismo, come l’arto superiore (braccio).

Causa

La patogenesi del trombo chiama in causa almeno uno dei seguenti tre fattori:

  • stasi venosa: ogni condizione che rallenti il ritorno di sangue venoso al cuore,
  • qualsiasi danno alla parete venosa interna in grado di innescare il processo di coagulazione, per esempio un trauma,
  • ipercoagulabilità: ogni malattia, congenita o acquisita, che tenda ad aumentare la coagulabilità sanguigna (disordini ereditari dei fattori della coagulazione, sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, coagulazione intravascolare disseminata, …).

Alla luce di questi tre ordini di cause, i fattori di rischio che promuovono l’insorgenza di una trombosi venosa profonda sono quindi rappresentati da:

  • età superiore ai 60 anni,
  • immobilizzazione a letto prolungata, specie se in seguito a interventi chirurgici,
  • inattività protratta, come durante lunghi viaggi in aereo o in auto,
  • presenza di tumori, soprattutto quelli del pancreas e dell’intestino, che causano un disequilibrio a favore dei fattori procoagulanti,
  • gravidanza e puerperio: l’utero gravido può comprimere le vene del bacino. Oltre a ciò, anche l’aumento di estrogeni che si verifica in queste condizioni fisiologiche incrementa la coagulabilità del sangue,
  • assunzione di estrogeni (pillola contraccettiva, terapia ormonale sostitutiva),
  • fumo di sigaretta (sia per esposizione attiva che passiva),
  • obesità,
  • insufficienza cardiaca: un cuore che non pompa efficacemente può determinare ristagno di sangue venoso,
  • vene varicose, causa di stasi venosa,
  • precedenti di trombosi venosa profonda e di embolia polmonare nella storia personale o familiare: le recidive di malattia sono un’evenienza relativamente frequente. Se in famiglia vi è un’anamnesi positiva per trombosi, la causa potrebbe essere un disordine ereditario della coagulazione,
  • traumi agli arti che possano ledere la parete delle vene (fratture ossee, …).

Sintomi

L’esordio clinico della malattia è spesso subdolo, perché in metà dei casi circa la condizione non si palesa, ma si sviluppa in completa assenza di sintomi; spesso una tromboembolia polmonare può rappresentare la prima manifestazione della malattia.

I sintomi e segni clinici più comuni della trombosi venosa profonda sono:

  • vaga dolenzia all’arto inferiore (solo raramente il dolore è più severo); la sensazione assomiglia a un crampo o a uno stiramento. Si aggrava camminando, azione che normalmente favorirebbe il ritorno venoso, ma che invece in caso di trombosi risulta impedito.
  • Senso di pesantezza all’arto, peggiorato con la deambulazione.
  • Edema: gonfiore all’arto al di sotto della sede del trombo dovuto al blocco della circolazione. L’arto colpito appare più gonfio dell’altro: può essere utile valutare, ai fini diagnostici l’asimmetria dei due arti, misurando la circonferenza a livello del polpaccio.
  • Aumento locale di temperatura, dovuto al ristagno di sangue.
  • Dilatazione delle vene collaterali superficiali, che possono quindi diventare visibili e palpabili.

La trombosi profonda delle vene del polpaccio può essere particolarmente difficile da diagnosticare, perché i sintomi possono essere sfumati e quindi meno facilmente riconoscibili.

Più netto è il quadro di presentazione di una trombosi a livello del bacino o della parte superiore della vena femorale, che provoca segni evidenti a causa del coinvolgimento dell’intero arto inferiore. L’arto diventa cianotico (bluastro) e si può giungere fino a una gangrena venosa.

Complicazioni

La prognosi è buona se la malattia non è complicata da embolia polmonare, in caso contrario la trombosi venosa profonda è gravata da un alto tasso di mortalità.

Senza un opportuno trattamento si corre un rischio del 3% circa di sviluppare una tromboembolia polmonare letale.

Da un punto di vista generale le complicazioni della trombosi venosa profonda si distinguono in

  • precoci (tromboembolia polmonare)
  • e tardive (sindrome post-trombotica e insufficienza venosa cronica).

La tromboembolia polmonare è dovuta al distacco di un frammento di trombo, che finisce così nel torrente circolatorio, giungendo fino al cuore e da lì ai polmoni, dove va a ostruire un’arteria polmonare. Ciò determina

A seconda delle dimensioni del trombo, e quindi dell’arteria polmonare colpita, le conseguenze possono essere più o meno gravi, fino a provocare la morte del paziente

In seguito a trombosi venosa profonda può permanere spesso un’occlusione parziale della vena colpita. Tale ostruzione va a sovraccaricare la rete venosa superficiale, cosicché capillari e piccole venule potrebbero andare incontro a rottura, conferendo alla cute un colorito brunastro e determinando atrofia cutanea a causa del ristagno di sangue non ossigenato.

Il paziente può accusare senso di pesantezza alle gambe, che si aggrava con l’avanzare della giornata e con la stazione eretta prolungata (sindrome post-trombotica). In fase avanzata si possono facilmente formare ulcere cutanee da stasi. Il trattamento consiste nell’uso di calze elastiche contenitive e, in presenza di ulcere, di periodiche medicazioni.

Alcuni trombi col tempo vengono sostituiti da tessuto cicatriziale, che può danneggiare le valvole delle vene e impedire loro un corretto funzionamento. Il sangue pertanto ristagna, provocando il tipico quadro di insufficienza venosa cronica, caratterizzato da edema (accumulo di liquidi), gonfiore, prurito, colorazione brunastra della pelle, secchezza cutanea.

Più raramente è possibile anche osservare fenomeni di sovra-infezione.

Diagnosi

La diagnosi è posta in base a:

  • anamnesi (storia clinica): presenza di uno o più fattori di rischio esaminati in precedenza,
  • esame fisico dell’arto coinvolto.,
  • indagini strumentali per confermare o escludere il sospetto diagnostico.

Viene dosato, a tal fine, il D-dimero nel sangue, un prodotto della lisi del trombo. Un suo valore elevato suggerisce la presenza di trombi, tuttavia è un esame aspecifico, perché molte altre condizioni innalzano il D-dimero, come

  • tumori maligni,
  • patologie al fegato,
  • gravidanza,
  • alta concentrazione di fattore reumatoide.

Un dosaggio negativo esclude quindi la trombosi, mentre uno positivo non la conferma, ma rende necessari ulteriori esami.

Viene quindi eseguita un’ecografia Doppler del distretto venoso, per evidenziare l’eventuale presenza di trombi.

Terapia

La trombosi venosa profonda necessita di un trattamento tempestivo con anticoagulanti.

Lo scopo del trattamento è di prevenire l’embolia polmonare e, solo secondariamente, alleviare i sintomi.

Viene intrapresa una terapia anticoagulante, inizialmente con eparina iniettabile per un breve periodo, che agisce in modo rapido e si prosegue, entro 24-48 ore, con un anticoagulante orale (storicamente warfarin, più recentemente i cosiddetti nuovi anticoagulanti orali come Dabigatran, Rivaroxaban, Apixaban ed Edoxaban), che richiede più tempo per essere efficace.

La terapia va protratta per 3-6 mesi.

Come terapia di supporto per il dolore, possono essere assunti FANS o aspirina, ma solo per un breve periodo, dal momento che hanno anche effetti antipiastrinici, aumentando il rischio di emorragie, soprattutto se presi in contemporanea con gli anticoagulanti.

Il posizionamento di un filtro cavale, ovvero di un dispositivo che blocca l’ingresso di trombi al cuore, si attua solo in quei casi in cui l’anticoagulazione farmacologica sia controindicata o nei pazienti che soffrono di trombosi venosa ricorrente.

Di solito viene anche raccomandato l’uso di calze a compressione graduata, che mira ad attenuare il dolore e a ridurre il gonfiore, limitando così il rischio di ulcere.

Si può camminare?

I pazienti possono svolgere attività fisica: al contrario di quanto si riteneva in passato, recenti studi hanno riportato che l’attività fisica non aumenta il rischio di distaccamento di trombi.

Nei periodi di inattività è opportuno mantenere l’arto in posizione sopraelevata, supportato da un cuscino o altro materiale morbido onde evitare di comprimere il circolo venoso.

Prevenzione

È primariamente opportuno

  • smettere di fumare,
  • perdere peso se si è in condizione di sovrappeso,
  • evitare l’assunzione di farmaci a rischio in presenza di altri fattori,
  • evitare quando possibile lunghi periodi di immobilità.

In caso di viaggi lunghi è necessario attuare particolari misure preventive. Nei soggetti a basso rischio per trombosi è consigliabile fare una passeggiata o, se impossibilitati ad alzarsi, muovere le gambe stando seduti, almeno una volta ogni mezz’ora. Negli individui a rischio più elevato (pregressa trombosi, storia recente di interventi chirurgici maggiori) si dovrà valutare l’assunzione di anticoagulanti a scopo profilattico.

Da valutare anche il ricorso a calze elastiche a compressione graduata, che determinano un restringimento delle vene, favorendo il ritorno di sangue verso il cuore. Tuttavia, se indossate in modo scorretto, le calze possono ostruire le vene, aggravando il problema.

Fonti e bibliografia

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.