Introduzione
Il tumore dell’utero, o tumore endometriale (poiché nella maggior parte dei casi origina dalla trasformazione delle cellule che costituiscono l’endometrio, il rivestimento interno dell’utero), è ad oggi il tumore ginecologico maligno più frequente al mondo ed al contempo la quarta causa di tumore maligno più comune nel mondo femminile, dopo il tumore al seno, al colon ed al polmone.
L’incidenza del tumore endometriale è in aumento a causa di:
- aumento dell’età media della popolazione,
- ricorso alla TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva) in menopausa,
- obesità.
La sintomatologia è spesso aspecifica, ma spesso consente ugualmente una diagnosi negli stadi iniziali della patologia poiché tende a manifestarsi molto precocemente. Tra i sintomi più comuni ricordiamo:
- sanguinamenti vaginali anomali (al di fuori del ciclo mestruale, o più frequentemente in post-menopausa). Ogni sanguinamento anomalo, che rimane per l’appunto un sintomo vago ed aspecifico, deve quindi essere sempre investigato con accuratezza (soprattutto se compare in post-menopausa);
- dolore a livello addominale e pelvico,
- dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali),
- malessere generalizzato,
- perdita di peso inspiegabile.
La diagnosi di certezza, dopo il sospetto clinico e l’esame obiettivo da parte del ginecologo, viene formulata attraverso esami di primo livello (come un’ecografia transvaginale) e confermata poi con una isteroscopia accompagnata da biopsia endometriale.
La terapia varia a seconda dello stadio di presentazione, comprendendo nell’insieme approcci
- chirurgici,
- radioterapici
- e chemioterapici.
È importante notare che il tumore trattato in questo articolo è diverso dal tumore alla cervice (o collo dell’utero), tipicamente causato dall’infezione da HPV.
Anatomia dell’utero
L’utero presenta nel suo complesso diverse componenti tissutali, di origine embrionale differente e che per questo possono dare origine a differenti “istotipi” tumorali (tumori che essendo per l’appunto costituiti da cellule differenti, tenderanno ad avere un comportamento altrettanto differente e soprattutto una prognosi molto diversa).
Partendo dall’interno dell’organo verso l’esterno troviamo:
- Endometrio: costituisce il foglietto interno, che ciclicamente durante l’età fertile di una donna va incontro a cambiamenti di spessore, alternando fasi di proliferazione e fasi di sfaldamento (che possiamo far coincidere con i giorni del flusso mestruale). Tale foglietto, durante la menopausa, cessa di essere funzionalmente attivo e va incontro a un graduale assottigliamento. Quando all’ecografia il ginecologo non riesce a visualizzare uno spessore congruo con l’epoca menopausale deve sempre escludere che vi sia alla base un processo proliferativo anomalo (che può andare da un’iperplasia endometriale semplici o complessa, fino ad un vero e proprio carcinoma).
- Miometrio: rappresenta lo strato muscolare (la cui contrazione durante il parto è responsabile in parte della progressione fetale). Dalla sua trasformazione possono originare neoformazioni benigne, i cosiddetti miomi, oppure veri e propri tumori maligni, i sarcomi.
- Perimetrio: lo strato di rivestimento più esterno.
Cause e classificazione
Parlando di tumore uterino si fa quasi sempre riferimento ad un adenocarcinoma, tumore che origina dal foglietto endometriale (lo strato interno dell’organo).
Possiamo individuare due distinte tipologie di carcinoma:
- Tipo 1: adenocarcinoma endometrioide; rappresenta circa il 90% del totale, è estrogeno dipendente, colpisce le donne più giovani ed ha una prognosi favorevole.
- Tipo 2: carcinoma sieroso, papillare, a cellule chiare, … Questa forma colpisce donne più anziane, non è estrogeno dipendente ed ha una prognosi peggiore.
I tumori maligni che originano dal miometrio prendono invece il nome di sarcomi e mediamente hanno una prognosi peggiore rispetto ai precedenti.
L’età media di diagnosi si colloca tra i 50 ed i 60 anni (54 anni in media) e la causa esatta è tuttora sconosciuta. Tra i fattori di rischio più frequentemente associati al suo sviluppo si annoverano
- esposizione ad elevati livelli di estrogeni circolanti, ad esempio nel caso di
- donne nullipare (proprio perché in tal modo aumenta il periodo di esposizione, nell’arco della vita, ad estrogeni in circolo),
- menopausa tardiva (dopo i 52 anni),
- terapia ormonale (soprattutto contenente estrogeni),
- terapia con Tamoxifene (è un farmaco utilizzato nel trattamento di alcuni tumori, principalmente noto per il tumore mammario. Agisce come modulatore selettivo per il recettore estrogenico),
- terapia ormonale sostitutiva in menopausa,
- obesità,
- diabete,
- storia familiare di tumore uterino, del colon-retto o dell’ovario. Tale anamnesi potrebbe suggerire una patologia genetica con aumentata incidenza di specifici tumori. La più nota è la Sindrome di Lynch, correlata alla mutazione di alcuni geni addetti alla riparazione del DNA.
Sopravvivenza
La sopravvivenza è molto buona; in Italia, secondo i dati AIRC, sfiora il 90% a cinque anni dalla diagnosi (quando si parla di stadio iniziale); secondo le statistiche americane, a prescindere dallo stadio del tumore all’utero al momento della diagnosi, la sopravvivenza supera l’81% a cinque anni per i carcinomi all’endometrio.
Le recidive sono fortunatamente poco comuni (3-17% a seconda degli studi e della forma presa in esame).
Sintomi
Il sintomo cardine del tumore all’utero, alla luce anche dell’epoca di presentazione che è spesso la menopausa, è la comparsa di un sanguinamento anomale a livello vaginale (90% delle donne). In epoca fertile, invece, si presenta come un sanguinamento vaginale anomale, irregolare, senza correlazione col ciclo mestruale.
Ogni sanguinamento anomalo (soprattutto con l’avanzare dell’età) deve essere sempre indagato, al fine di escludere una causa maligna.
Ulteriori sintomi associati possono essere:
- dolore addominale e pelvico,
- perdite vaginali anomale maleodoranti,
- senso di pesantezza,
- dolore durante i rapporti sessuali,
- astenia generalizzata (stanchezza),
- malessere,
- calo ponderale (perdita di peso).
In stadi più avanzati (piuttosto rari) le eventuali metastasi possono dare sintomi quali:
- comparsa di fistole,
- lesioni osteolitiche e fratture patologiche,
- alterazione della funzionalità epatica,
- sintomi respiratori.
Diagnosi
Il tumore all’utero è fortunatamente una patologia che viene spesso riconosciuta e diagnosticata precocemente, perché nella maggior parte dei casi associata ad un sanguinamento anomalo in menopausa che spinge la paziente a cercare risposte.
La prima indagine che il ginecologo effettua è sempre un’attenta anamnesi (soprattutto per escludere una eventuale predisposizione genetica) e l’esame obiettivo (che possa o meno confermare al momento della visita la presenza di sanguinamento anomalo); la palpazione bimanuale può peraltro evidenziare la presenza di un utero aumentato di dimensioni.
Successivamente procederà con indagini di primo livello come l’ecografia transvaginale, che può evidenziare se vi siano delle anomalie nel profilo uterino, come ad esempio delle masse già evidenti. Permette inoltre di misurare lo spessore della rima endometriale (che in epoca post-menopausale non dovrebbe superare i 4 – 5 mm). Un endometrio ispessito deve indirizzare verso accertamenti di secondo livello.
Indagini più approfondite comprendono:
- Isteroscopia: tale metodica può essere effettuata sia in regime ambulatoriale, sia in anestesia generale. Essa permette di visualizzare direttamente la cavità uterina ed eventualmente raccogliere campioni di tessuto endometriale.
- Biopsia: rimane oggigiorno l’indagine di conferma per eccellenza. Soltanto la diagnosi istologica permette di affermare con certezza che si tratti o meno di un tumore endometriale.
Successivamente, una volta formulata la diagnosi, possono essere prescritti ulteriori esami (come una risonanza Magnetica) per valutare l’estensione della patologia neoplastica e poterla così stadiare secondo la classificazione FIGO 2009, prevede:
- Stadio 1: tumore confinato al corpo uterino.
- Stadio 2: tumore che invade lo stroma cervicale.
- Stadio 3: invasione loco – regionale (compresi i linfonodi pelvici e para – aortici).
- Stadio 4: tumore che invade la vescica, l’intestino o che presenta metastasi a distanza.
Cura
Nella maggior parte dei casi le pazienti vengono sottoposte a diagnosi di carcinoma endometriale quando la patologia è ancora allo stadio iniziale (Stadio 1).
In questi casi l’approccio principale è rappresentato dall’intervento chirurgico in regime elettivo, la cui finalità è quella di rimuovere quanto più possibile la massa tumorale. L’intervento è solitamente rappresentato
- dall’isterectomia totale (ossia dalla rimozione dell’utero)
- con salpingectomia bilaterale (ossia con rimozione delle ovaie),
per via
- laparotomica (taglio a livello addominale)
- oppure laparoscopica (effettuando soltanto piccole incisioni a livello addominale e introducendo i ferri chirurgici e le telecamere attraverso di esse).
Se necessario può associarsi la rimozione dei linfonodi pelvici e para – aortici.
La radioterapia post-chirurgica riduce il rischio di recidiva locale, ma non sembra ad oggi influenzare la sopravvivenza.
In caso di patologia avanzata/metastatica possono essere utilizzati degli approcci palliativi a base di regimi radio- e chemio-terapici.
Prevenzione
La prevenzione di patologie tumorali e delle patologie in genere multifattoriali, dovute cioè alla concomitante azione di più fattori di rischio, parte sicuramente dal ridurre l’esposizione a tali fattori.
Si consiglia per esempio:
- un’alimentazione adeguata,
- il mantenimento del peso ideale,
- la cura del proprio profilo metabolico (e soprattutto glucidico nel caso di pazienti diabetici).
La terapia ormonale, come detto, rappresenta sicuramente un fattore di rischio, il suo utilizzo deve quindi essere attentamente valutato con l’ausilio del proprio medico curante (valutando, di situazione in situazione, il rapporto rischio/beneficio).
Un corretto controllo seriale presso il proprio ginecologo, sia in epoca fertile che in epoca post-menopausa, rappresenta comunque l’arma migliore per monitorare ogni piccolo cambiamento e procedere, se necessario, verso indagini più approfondite.
Fonte principale
- Gynaecology by Ten Teachers, 19th edition, 2011 Hodder and Stoughton Ltd.
A cura della Dott.ssa Ergasti Raffaella, medico chirurgo
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