COVID-19 anticorpi neutralizzanti IgG (Spike-RBD e N): valori e test

Introduzione

La maggior parte dei soggetti infettati dal virus SARS-CoV-2, responsabile di COVID-19,  sviluppa anticorpi specifici contro le proteine strutturali del virus e sono particolarmente rilevanti dal punto di vista diagnostico quelli diretti contro:

  • proteine di nucleocapside (N)
  • proteina Spike (S).

Nel caso degli anticorpi prodotti contro la proteina Spike (IgM e IgG Anti-spike-RBD, ovvero diretti contro il dominio RBD della proteina Spike, la porzione responsabile dell’aggancio alla cellula umana) si tratta i di anticorpi neutralizzanti, proteine in grado di contrastare efficacemente il virus responsabile della patologia, neutralizzandone la capacità infettiva. Sono normalmente prodotti dai linfociti B, un tipo di globulo bianco,  a seguito di infezione o di vaccinazione, ma sono attivi alcuni filoni di ricerca incentrati sulla produzione degli anticorpi neutralizzanti in laboratorio, per poi essere usati come farmaci durante l’infezione (anticorpi monoclonali). L’immunità dovuta agli anticorpi neutralizzanti è anche nota come “immunità sterilizzante”, poiché il sistema immunitario elimina la particella infettiva prima che si verifichi qualsiasi infezione (fonte Wikipedia).

La differenza tra anticorpi IgG e IgM risiede infine nei tempi in cui vengono prodotti: la presenza di anticorpi IgM indica una fase acuta (ad esempio un’infezione in corso), mentre la presenza di IgG è indicativa di una risposta immunitaria “di memoria”, ovvero già acquisita dall’organismo; qualora il dosaggio sul referto indichi “Ig totali” significa che vengono dosati senza distinzione IgM ed IgG (ed IgA).

Gli esami sierologici quantitativi classici, invece, misurano in modo aspecifico tutti gli anticorpi diretti contro la proteina Spike, non solo quelli verso il dominio RBD, e quindi non necessariamente neutralizzanti; la differenza è sostanziale, perché solo gli anticorpi neutralizzanti possono offrire una protezione attiva verso nuove infezioni.

Cosa significa il risultato?

La valutazione della risposta non può prescindere dai valori di riferimento disponibili sul referto, che possono variare da un laboratorio all’altro in termini di unità di misura, valori normali e talvolta anche antigeni (i risultati non sono ad oggi standardizzati).

Per quanto riguarda gli anticorpi anti-Spike è possibile interpretare il risultato come segue:

  • Esito positivo (dosaggio IgG o totale superiore al riferimento): il soggetto è considerato ragionevolmente protetto grazie ad una precedente immunizzazione (anche se in realtà l’esperienza clinica insegna che è comunque possibile sviluppare l’infezione, sebbene tipicamente in forma più leggera)
  • Esito negativo (dosaggo IgG o totale inferiore al riferimento): il soggetto non è probabilmente mai venuto a contatto con il virus né è stato vaccinato (oppure non ha sviluppato immunità)

Poiché i vaccini attualmente in uso in Italia inducono la produzione dei soli anticorpi anti-S, è possibile valutare se un soggetto vaccinato sia ANCHE venuto in contatto con il virus con il dosaggio degli anticorpi anti-N:

  • anti-N positivo conferma una precedente infezione naturale
  • anti-N negativo, mai venuto a contatto con il virus.

Quanti anticorpi bisogna avere per essere immuni al COVID?

Poiché la risposta ad un’eventuale infezione non dipende solo dalla quantità di anticorpi neutralizzanti in circolo, ma anche dalla cosiddetta memoria anticorpale (che semplificando è possibile immaginare come la capacità e velocità di reazione ad una minaccia già nota), ad oggi non è possibile individuare una soglia ideale.

All’attuale stato delle conoscenze quindi si ritiene che:

  • un soggetto privo di anticorpi potrebbe non aver risposto adeguatamente alla vaccinazione (o all’infezione naturale),
  • ma allo stesso tempo non è ancora chiara la soglia necessaria a godere di una buona/ottima/eccellente immunità (a complicare la situazione, infine, la diversa risposta alle varianti del virus).

Interpretazione

Gli anticorpi specifici per la porzione RBD della proteina Spike del Coronavirus sono anticorpi neutralizzanti che si sviluppano in risposta ad un’infezione naturale o alla vaccinazione e hanno un ruolo protettivo. Per quanto si tratti di un’eccessiva semplificazione, la presenza di un’adeguata quantità di anticorpi anti-RBD-Spike (talvolta indicati come anti-S o anti-RBD-S) suggerisce quindi la presenza di un certo grado di immunità nei confronti del virus responsabile di COVID-19.

In realtà la valutazione sarebbe molto più complessa, perché è noto come le nostre linee di difesa non si limitino alla sola presenza e persistenza degli anticorpi in circolo, ma anche alla capacità e reattività della loro sintesi al bisogno; sebbene la quantità degli anticorpi nel sangue diminuisca nel corso dei mesi, la memoria immunologica delle cellule B (specifiche per la proteina Spike di SARS-Cov-2) e dei linfociti T perdura più a lungo nel tempo (ad oggi si ritiene non meno di 8 mesi dall’infezione, ma presumibilmente anche più a lungo).

È tuttavia importante notare che si tratta di un test volto a misurare una specifica classe di anticorpi e quindi così interpretabile:

  • Soggetto vaccinato:
    • se positivo è possibile affermare che ci sia stata risposta al vaccino
    • se negativo non c’è stata risposta (oppure è stato fatto troppo presto)
  • Soggetto non vaccinato:
    • se positivo è possibile affermare che ci sia stato contatto con il virus
    • se negativo NON è possibile escludere un contatto con il virus, che tuttavia potrebbe aver indotto la produzione di anticorpi differenti (ad esempio anti-N), ma non necessariamente neutralizzanti.

Citando il Dr. Massimo Locatelli, responsabile del Servizio di Medicina di Laboratorio dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, è infine “doveroso chiarire che, allo stato attuale delle conoscenze, a prescindere da qualunque sia il risultato, questo test non fornisce indicazioni sull’opportunità o meno di sottoporsi a vaccinazione, né sul grado di protezione contro una eventuale re-infezione da Covid-19.

Fattori che influenzano l'esame

  • Gli anticorpi IgM compaiono nella fase iniziale dell’infezione, indicativamente verso il 5° giorno, per poi scomparire entro qualche settimana.
  • Gli anticorpi IgG vengono prodotti a circa 10 giorni dall’infezione e restano in circolo per un periodo più lungo rispetto agli anticorpi della classe IgM.

Quando viene richiesto l'esame

L’esame viene in genere richiesto per verificare la risposta immunitaria alla vaccinazione, oppure per verificare lo sviluppo della stessa risposta in seguito ad un’infezione naturale (certa o presunta), ovvero:

  • valutare e monitorare nel tempo l’immunizzazione fornita dal vaccino,
  • capire se una passata infezione da Covid-19 abbia stimolato la produzione di anticorpi neutralizzanti in circolo, ovvero capaci di proteggere l’individuo da nuove infezioni.

Quando richiesto a seguito di vaccinazione il dosaggio degli anticorpi anti-RBD-Spike viene in genere consigliato non prima di 15-20 giorni dalla seconda dose (quando prevista, altrimenti dalla prima dose).

Si noti che per la maggior parte degli individui non è necessario sottoporsi al test anticorpale dopo la vaccinazione, mentre potrebbe essere ragionevole in specifici casi come nei soggetti immunocompromessi.

Preparazione richiesta

L’esame viene condotto su un normale campione di sangue, generalmente prelevato dal braccio, e non è necessario digiuno.

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.