Bradicardia, quando il battito è troppo lento? Cause, sintomi e rimedi

Introduzione

Si definisce con il termine bradicardia qualsiasi ritmo caratterizzato da una frequenza cardiaca al di sotto di 60 battiti al minuto (bpm).

Nell’adulto il range di normalità della frequenza cardiaca va da 60 bpm a 100 bpm,

  • valori al di sopra di 100 bpm rientrano nella condizione chiamata tachicardia,
  • mentre valori al di sotto di 60 bpm sono indicativi di una bradicardia.

Quest’ultima condizione a sua volta può essere distinta in:

  • Bradicardia lieve, quando la frequenza cardiaca va da 59 a 50 bpm;
  • Bradicardia moderata, quando la frequenza è compresa tra 49 e 40 bpm;
  • Bradicardia severa, quando la frequenza è inferiore a 40 bpm.

Si noti che un battito più lento dell’intervallo considerato normale non è necessariamente da considerare un problema, la bradicardia può infatti anche essere una condizione fisiologica, come avviene per esempio negli sportivi professionisti.

Da un punto di vista elettrofisiologico il ritmo cardiaco viene creato a livello di una struttura anatomica chiamata “nodo del seno” localizzata sulla parete dell’atrio destro del cuore. In questo punto esistono delle cellule specializzate, chiamate cellule “pacemaker”, che sono in grado di generare degli impulsi elettrici in maniera automatica. Questi impulsi poi attraversano le vie di conduzione specifiche, di cui fanno parte il nodo atrio – ventricolare, il fascio di His e le branche destra e sinistra, e infine raggiungono tutte le cellule cardiache, permettendo la contrazione del cuore.

Anatomia del sistema di conduzione del cuore

By J. Heuser – self made, based upon Image:Heart anterior view coronal section.jpg by Patrick J. Lynch (Patrick J. Lynch; illustrator; C. Carl Jaffe; MD; cardiologist Yale University Center for Advanced Instructional Media ), CC BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1734607

Il ritmo che viene generato dal nodo seno-atriale è sottoposto al controllo del sistema nervoso simpatico e parasimpatico, che può modificarlo sia in senso tachicardizzante che in senso bradicardizzante (rispettivamente aumentando/diminuendo il numero di battiti al minuto).

Le cause della bradicardia possono essere molteplici, potendo coinvolgere sia meccanismi fisiologici, come avviene per esempio nel “cuore d’atleta” o con il normale invecchiamento, sia processi patologici correlati a malattie cardiache vere e proprie, come l’infarto acuto del miocardio, o malattie extracardiache con effetto sul cuore, come le malattie infettive, patologie ormonali, ipertensione endocranica, …

I sintomi sono fondamentalmente legati alla bassa frequenza cardiaca che comporta la riduzione dell’apporto sanguigno verso le sedi periferiche e sono rappresentati da

Accanto ai tipici sintomi cardiaci si possono ritrovare quelli correlati alla patologia di base, come il dolore toracico per l’infarto acuto del miocardio, l’aumento di peso per l’ipotiroidismo, uno stato infiammatorio generalizzato per le patologie infettive, …

La terapia dipende dalla condizione del paziente: nelle forme fisiologiche o asintomatiche non serve alcun trattamento, mentre nelle forme patologiche, più gravi e irreversibili, è necessario utilizzare farmaci che agiscano sul potenziamento della conduzione cardiaca, oppure si procede all’impianto di un pacemaker definitivo che ne controlli la corretta funzionalità, mantenendo la frequenza nei limiti della norma.

La prognosi è fondamentalmente buona, ma dipende in ogni caso dalla patologia di base che ha causato la bradicardia.

Cause

In generale, le bradicardie possono essere distinte in due grandi gruppi:

  • Forme congenite: estremamente rare, correlate solitamente ad anomalie anatomiche delle vie di conduzione degli impulsi.
  • Forme acquisite: le più frequenti e legate a malattie del cuore o a fenomeni degenerativi tipici dell’età senile.

In base alle caratteristiche del battito cardiaco, inoltre, possono essere distinte due forme:

  • Bradicardia sinusale
  • Blocco atrio-ventricolare.

La bradicardia sinusale è rappresentata da un ritmo sinusale, ovvero generato dal nodo del seno, che si espande per tutto il cuore con una frequenza inferiore a 60 bpm. Questa condizione si può ritrovare in diverse situazioni:

  • Cuore d’atleta: l’attività fisica praticata regolarmente determina un’aumentata stimolazione sul cuore da parte del sistema nervoso parasimpatico (nervo vago) e contemporaneamente, mediante meccanismi adattativi, si stimola un rimodellamento del muscolo cardiaco stesso con una modifica nell’attività delle cellule pacemaker del nodo seno – atriale.
  • Pazienti anziani: i fenomeni di degenerazione senile causano un rimodellamento delle cellule cardiache e di conseguenza una trasmissione alterata dell’impulso. Negli anziani, per questo motivo, la bradicardia si può spesso associare a episodi di tachicardia transitoria, costituendo quella che viene chiamata “sindrome bradicardia-tachicardia” o “disfunzione del nodo del seno”.
    Se questa condizione diventa particolarmente sintomatica prende il nome di “malattia del nodo del seno”.
  • Blocco seno-atriale: l’impulso elettrico viene regolarmente generato dal nodo del seno (per cui il ritmo è detto sinusale), ma si crea un’alterazione nella conduzione alle cellule atriali circostanti e quindi un rallentamento nella diffusione dello stesso.
  • Trattamento con farmaci cronotropi negativi: esistono una serie di farmaci che hanno come effetto anche quello di rallentare la conduzione cardiaca e quindi il ritmo, quali i beta-bloccanti e i calcio-antagonisti.
  • Patologie extra-cardiache: alcune malattie possono interessare il cuore come effetto indiretto, per esempio:
    • Ipotiroidismo
    • Ipertensione endocranica
    • Brucellosi
    • Febbre tifoidea
    • Squilibri elettrolitici.

Il blocco atrio-ventricolare (BAV), invece, è una forma patologica in cui la continuità tra l’atrio e il ventricolo viene compromessa. Esso si può distinguere in diversi gradi a gravità crescente:

  • BAV di primo grado, in cui c’è un semplice ritardo del passaggio dell’impulso dall’atrio al ventricolo tramite il nodo atrio – ventricolare.
  • BAV di secondo grado, in cui alcuni impulsi non vengono condotti ai ventricoli.
  • BAV di terzo grado o completo, la forma più grave, in cui nessun impulso viene condotto ai ventricoli e quindi si crea la cosiddetta “dissociazione atrio – ventricolare”.

Queste condizioni possono avere diverse cause, come:

  • Iperstimolazione vagale (negli atleti soprattutto)
  • Farmaci (digossina, calcio-antagonisti, beta-bloccanti)
  • Malattie degenerative
  • Malattie infettive (malattia di Lyme, sifilide, difterite)
  • Infarto del miocardio (soprattutto quando colpisce l’area del nodo atrio-ventricolare)
  • Blocchi atrio-ventricolari congeniti.

Sintomi

La sintomatologia correlata ad uno stato di bradicardia dipende molto dalla gravità della stessa.

Nei soggetti giovani e allenati la bradicardia viene considerata una condizione assolutamente fisiologica, per cui i pazienti non manifestano alcun sintomo. Allo stesso modo anche un blocco atrio-ventricolare di primo grado, essendo poco grave da un punto di vista elettrofisiologico, di solito non dà sintomi e quindi non necessita di alcun trattamento.

Tutte le altre forme patologiche, invece, possono generare dei quadri potenzialmente pericolosi, per cui l’attenzione posta ai sintomi correlati deve essere necessariamente maggiore.

Di per sé una bradicardia patologica determina una compromissione più o meno importante della normale distribuzione di sangue nei vari distretti dell’organismo, per cui si può manifestare con sintomi quali:

  • Vertigini occasionali
  • Dispnea: difficoltà respiratoria con sensazione di fame d’aria
  • Stanchezza generalizzata (astenia)
  • Confusione
  • Dolore toracico (per lo scarso apporto di sangue al cuore stesso)
  • Ipotensione (abbassamento dei valori della pressione sanguigna)
  • Disturbi del sonno e della memoria (per scarso apporto a livello cerebrale)
  • Sensazione di svenimento (lipotimie o episodi pre – sincopali) o svenimento vero e proprio (sincope)
  • Palpitazioni (il cuore tenta di compensare questa difficoltà di conduzione ma ciò determina l’insorgenza di aritmie come la fibrillazione atriale o il flutter atriale).

La bradicardia può essere causata anche da altri tipi di patologie, sia prettamente cardiache che extracardiache, per cui la sintomatologia è direttamente correlata alla malattia di base:

  • Infarto del miocardio: la morte delle cellule cardiache a causa del blocco dell’apporto di sangue darà oltre a una disfunzione del nodo seno – atriale (e quindi bradicardia), altri sintomi come:
    • Dolore toracico retrosternale
    • Dolore al braccio e alla mandibola sinistra
    • Sensazione di fame d’aria (dispnea)
  • Ipotiroidismo: i bassi livelli di ormoni tiroidei in circolo determinano sintomi come:
  • Ipertensione endocranica: l’aumento della pressione a livello intracranico causerà anomalie nervose accanto a sintomi come:
    • Confusione
    • Vomito incoercibile
    • Cefalea
    • Anomalie motorie
    • Disturbi di linguaggio
  • Malattie infettive: le infezioni da parte di alcuni batteri creano dei quadri patologici generalizzati (brucellosi, malattia di Lyme, febbre tifoide, sifilide, …) che, accanto a una condizione infiammatoria sistemica e alle caratteristiche tipiche di ogni singola malattia, compromettono anche la normale struttura e funzionalità del cuore.
  • Farmaci: alcuni medicinali sono in grado di agire sul cuore e determinare un rallentamento del ritmo di conduzione dell’impulso elettrico dall’atrio destro a tutto il muscolo cardiaco. Sono delle condizioni che nella maggior parte dei casi rimangono asintomatiche, ma soprattutto all’inizio della terapia, quando ancora l’organismo non si è adattato al farmaco stesso, o a dosaggi non adeguati il paziente può manifestare anche altri sintomi come:
    • Stanchezza
    • Ipotensione
    • Cefalea
    • Sensazione di svenimento.

Prognosi e complicazioni

La prognosi dipende molto dalla patologia di base causa della bradicardia, fatto salvo che in generale le forme fisiologiche non determinano alcuna modifica alla qualità di vita dei pazienti, per cui la prognosi è ottima.

Nelle forme patologiche, invece, la prognosi è ampiamente variabile: è buona nelle forme reversibili e da farmaci, mentre può arrivare ad essere anche infausta per le forme particolarmente gravi e soprattutto correlate a infarto del miocardio.

In questi ultimi casi, infatti, è stato stimato che la sopravvivenza a 5 anni è di circa il 47-69%, ma strettamente dipendente dalla presenza di anomalie intrinseche al nodo seno – atriale stesso o di patologie concomitanti.

I pazienti con una anomalia del nodo del seno, inoltre, hanno un rischio elevato di sviluppare una fibrillazione atriale, che tuttavia può essere trattata facilmente con una terapia farmacologica e quindi il paziente non necessiterà più del posizionamento del pacemaker permanente.

Diagnosi

Quando uno stato di bradicardia è plausibile che possa essere correlato sia ad una condizione innocua e fisiologica che ad una patologia vera e propria, è di fondamentale importanza valutarla in maniera precoce e trovare le cause alla base della sua insorgenza.

Per un attento studio del paziente, il medico specialista in cardiologia lo sottoporrà innanzitutto ad una indagine anamnestica con lo scopo di raccogliere informazioni circa:

  • sintomatologia riferita
  • epoca di insorgenza
  • presenza di altri sintomi non cardiologici
  • pregressa malattia cardiaca
  • assunzione di farmaci ad attività sul cuore
  • svolgimento di attività sportiva in maniera assidua o agonistica.

Una volta ricavate le informazioni necessarie a delineare un’ipotesi diagnostica, si passa all’esame obiettivo: la palpazione del polso e l’auscultazione cardiaca possono permettere di definire la frequenza cardiaca e di valutarne la regolarità o irregolarità così da poter fare una prima distinzione della patologia alla base, tuttavia la diagnosi di una bradicardia si basa fondamentalmente su esami laboratoristico – strumentali specifici:

  • Esami ematochimici: le analisi del sangue di routine possono aiutare ad indagare la presenza di patologie sottostanti, come per esempio ipotiroidismo, squilibri elettrolitici o stati infettivi.
    • Troponina cardiaca: la troponina è una proteina del muscolo cardiaco che viene rilasciata nel circolo ematico in caso di morte delle cellule cardiache, per cui è la prima analisi da effettuare per escludere una condizione di infarto del miocardio.
  • Elettrocardiogramma (ECG): esame che utilizza 12 elettrodi, collegati al petto e alle braccia, per registrare gli impulsi elettrici del cuore e la loro conduzione. L’esame può essere condotto a riposo, sotto sforzo e in altre condizioni di stress.
    È utile per valutare in maniera immediata la presenza di un ritmo sinusale (perché sono presenti le onde P, che indicano attivazione del nodo seno – atriale) e di distinguerlo da una aritmia o da un blocco atrio-ventricolare. Essendo però una registrazione molto limitata nel tempo, non sempre può fornire delle informazioni adeguate sulla causa di base.
  • Holter: registrazione di un ECG che dura per 24 ore. Questa è una metodica più affidabile perché permette di valutare nel lungo periodo le anomalie di conduzione e quindi avere un’idea più specifica di cosa le abbia causate.
  • Ecocardiografia: metodica che sfrutta gli ultrasuoni per studiare la struttura anatomica del cuore e la sua funzionalità, così da poter fare diagnosi differenziale ed escludere anomalie meccaniche del cuore o la presenza di zone infartuate.
  • Risonanza magnetica cardiaca (RMC): risonanza magnetica del cuore che aiuta nel fare diagnosi differenziale tra le diverse patologie cardiache.

Cura e rimedi

La decisione di trattare una bradicardia è basata soprattutto sulla presenza di sintomi attribuibili direttamente ad essa e alla loro gravità.

Il primo approccio è quello di riconoscere le condizioni fisiologiche e innocue che non necessitano di alcun trattamento.

Esistono poi tutte quelle forme di bradicardia reversibile, spesso indotte da farmaci o legate a situazioni clinicamente risolvibili come gli squilibri elettrolitici o l’infarto acuto del miocardio, per le quali si dimostra sufficiente curare o allontanare la causa scatenante per determinare un ritorno alle condizioni fisiologiche.

Per i casi di bradicardia grave, ma ancora potenzialmente reversibili, si possono effettuare dei tentativi terapeutici con alcuni farmaci che agiscono migliorando la conduzione atrio-ventricolare dell’impulso, come per esempio l’atropina endovenosa o i farmaci antiaritmici.

Nelle forme particolarmente gravi o irreversibili, come le patologie degenerative, risulta necessario invece effettuare un trattamento definitivo che consiste nell’impianto di un pacemaker, un dispositivo elettronico che viene posizionato nel torace e che ha la funzione di “sentire” l’attività elettrica del cuore.

Nel momento in cui il dispositivo rileva delle anomalie nel ritmo cardiaco viene attivato ed invia degli impulsi attraverso degli elettrodi che vengono inseriti in diverse zone del cuore, favorendone così la contrazione.

Date le ampie possibilità di scelta delle impostazioni del pacemaker, la terapia con l’elettrostimolazione deve essere adattata individualmente ad ogni singolo paziente, tenendo conto anche del tipo di difetto di conduzione, della condizione emodinamica e del tipo di attività svolta dal paziente stesso.

 

 

A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo

 

Fonti e bibliografia

  • Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1 (17 Ed. McGraw Hill)
  • Manuale di Malattie Cardiovascolari – Società Italiana di Cardiologia (e-book)
  • MedScape

Articoli ed approfondimenti

Link sponsorizzati

Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.