Disfagia: significato, cause, sintomi e rimedi

Definizione ed introduzione

Con il termine medico disfagia (dal greco fagia=mangiare + dys= con difficoltà) s’intende la difficoltà nel passaggio di cibi solidi e/o liquidi dalla bocca allo stomaco. In particolare si distingue una

  • disfagia alta (orofaringea), se tale difficoltà è presente nella fase iniziale della deglutizione, ossia nel passaggio dei cibi solidi e liquidi dalla bocca all’esofago
  • disfagia bassa (esofagea), se tale difficoltà si manifesta in un tratto qualsiasi dell’esofago fino allo sbocco nello stomaco

Talvolta tale difficoltà è accompagnata da dolore, si parlerà in questo caso più propriamente di odinofagia.

La difficoltà a deglutire può manifestarsi

  • solo per cibi solidi,
  • solo per bevande
  • per entrambi.

La disfagia interessa circa il 20% della popolazione mondiale, ma tale percentuale cresce nella fascia d’età più avanzata; la ragione è che negli anziani si verificano con maggiore frequenza patologie concomitanti che incidono negativamente nel fisiologico meccanismo di controllo e coordinazione della deglutizione, come nel caso di

  • demenza
  • ictus
  • morbo di Parkinson
  • SLA.

Nei giovani la disfagia è invece legata sovente a malattie autoimmuni, malattia da reflusso gastroesofageo, esofagite.

Cos’è la deglutizione?

La deglutizione è il meccanismo alla base del fisiologico passaggio di cibi solidi, liquidi, gassosi o misti dall’esterno allo stomaco.

Si tratta di un’attività vitale per l’uomo, poiché gli permette di nutrirsi ed assimilare così l’adeguato apporto nutritivo giornaliero; riveste tuttavia anche importanti ruoli nella vita sociale, mangiare significa gustare, soddisfare il proprio appetito, stare insieme agli altri.

Alla deglutizione partecipano

  • circa 55 muscoli
  • 6 nervi cranici
  • strutture encefaliche (area motoria primaria, area motoria pre-frontale, area sensitiva)
  • strutture ossee

La deglutizione comprende fisiologicamente 6 fasi chiamate:

  1. anticipatoria (pre-0)
  2. extraorale (0)
  3. di preparazione orale o fase buccale (1)
  4. faringea (2)
  5. esofagea (3)
  6. gastro-duodenale (4)

La fase pre-0 riguarda tutti gli stimoli sensoriali esterni (vista, odore) o culturali (quindi legati ad abitudini alimentari famigliari, personali o di appartenenza ad un’etnia) che possono stimolare od inibire la deglutizione, ancora prima che il cibo tocchi le labbra.

La fase 0 riguarda essenzialmente la preparazione esterna del cibo, che può essere personale o fatta da terze persone.

Con la fase 1 si ha la preparazione orale del cibo, e quindi una prima modifica del cibo che all’interno della bocca, dove viene masticato e si mischia alla saliva divenendo bolo. La produzione della saliva è stimolata dalla vista, dall’odore e dal sapore del cibo stesso. Il bolo alimentare viene quindi trasportato verso l’istmo delle fauci, spinto volontariamente dalla lingua verso l’orofaringe.

Queste prime 3 fasi della deglutizione sono volontarie, le successive si attuano a livello riflesso ed involontario.

Nella fase 2 il bolo alimentare giunge nel faringe. I muscoli del faringe si contraggono (grazie all’attivazione nervosa) ed aprono la porta d’accesso all’esofago (ossia lo sfintere esofageo superiore).

In questa fase si innesca il sistema di protezione delle vie respiratorie; quello che si verifica è l’elevazione del palato molle, la contrazione del muscolo faringeo superiore, la chiusura delle corde vocali, l’inibizione riflessa della respirazione, movimenti forzati della lingua posteriormente: in tal modo viene chiuso l’accesso al cibo verso il naso, la bocca ed i polmoni (evento che può provocare gravi conseguenze per la salute dell’uomo).

Arriviamo dunque alla fase 3, ove grazie all’attivazione dei nervi ed alla contrazione dei muscoli dell’esofago (peristalsi esofagea), il cibo viene spinto verso lo stomaco.

Infine nella fase 4 il cibo arriva nello stomaco e poi nel duodeno, dove inizia la fase digestiva di durata variabile in rapporto al contenuto alimentare.

Cause

Le cause della disfagia possono essere molteplici e di varia origine/natura:

  • infettiva
  • metabolica
  • iatrogena (da farmaci)
  • neurologica
  • muscolare
  • strutturale
  • psichiatrica.

Il disturbo si verifica in presenza di condizioni che interferiscono con il controllo neurologico o direttamente con le strutture coinvolte in qualsiasi punto del processo di deglutizione; la debolezza dei muscoli della lingua o delle guance può rendere difficile spostare il cibo in bocca per masticarlo, un ictus o un altro disturbo del sistema nervoso può rendere difficile l’avvio della risposta alla deglutizione, lo stimolo che consente al cibo e ai liquidi di muoversi in sicurezza attraverso la gola. Un’altra difficoltà può verificarsi in caso di debolezza dei muscoli dell’orofaringe (gola), come succede dopo un intervento chirurgico da tumore, perché si può perdere la capacità di spostare il cibo verso lo stomaco.

È quindi chiaro come la cause possano essere numerose, ma di fatto la disfagia è molto più comune in età avanzata.

Malattie responsabili di disfagia

Sintomi

Un paziente con disfagia può lamentare uno o più dei seguenti sintomi:

  • colpi di tosse secca e stizzosa costante durante la deglutizione o subito dopo
  • sensazione di soffocamento durante la deglutizione o subito dopo
  • senso di corpo estraneo in gola
  • sensazione di impatto di cibo nel petto (regione retro sternale)
  • fastidio o dolore associato alla deglutizione
  • aumento della salivazione
  • rigurgito di cibo non digerito (specie la notte)
  • fuoriuscita di cibo/bevande dal naso
  • velatura o cambiamento della voce dopo la deglutizione
  • febbricola senza causa apparente
  • perdita di peso

Complicazioni

Sovente questo disturbo porta chi ne soffre a vivere con molta ansia il momento del pasto ed assumere comportamenti sbagliati che incidono negativamente sul suo stato di salute generale e nutrizionale, sul suo umore e sui suoi rapporti interpersonali.

Il paziente con disfagia infatti, tenderà con il passare del tempo, a

  • cambiare le proprie abitudini alimentari, evitando cibi e bevande che prima assumeva volentieri ma che ora sono diventate più difficoltose da deglutire o che gli procurano fastidio o dolore alla gola,
  • isolarsi dai famigliari e dagli amici e voler mangiare da solo,
  • non avere più voglia di mangiare affatto, a causa della lentezza e della difficoltà a deglutire oltre che per la paura di strozzarsi.

Da un punto di vista più prettamente organico, se non curata la disfagia può comportare il manifestarsi di uno stato di malnutrizione e/o disidratazione.

Un’altra possibile complicanza della disfagia è la polmonite ab ingestis, ossia l’ingresso anomalo (aspirazione) nei polmoni di cibo solido o liquido, con gravi disturbi respiratori (compreso il soffocamento) che richiedono una pronta valutazione medica.

Diagnosi

Per fare diagnosi di disfagia e ricercarne la causa, il medico:

  1. raccoglie l’anamnesi
  2. effettua l’esame obiettivo del paziente (la visita medica)
  3. richiede esami strumentali radiologici

Durante la raccolta dell’anamnesi, il medico interroga il paziente, chiedendo:

  • da quanto tempo abbia difficoltà a deglutire
  • quali altri disturbi si associno a questa difficoltà (ad esempio fastidio o dolore alla deglutizione, senso di corpo estraneo in gola o soffocamento, rigurgito, …)
  • di quali malattie soffra e quali farmaci assuma
  • se abbia avuto un trauma recente
  • se sia stato sottoposto di recente a radioterapia o chemioterapia
  • se sia stato sottoposto ad interventi chirurgici
  • se faccia abuso di alcool o altre sostanze nocive
  • quanto pesi e se abbia perso peso
  • quali siano le sue comuni abitudini alimentari, se siano modificate ed in che modo, a causa della disfagia

Il medico può anche utilizzare test o questionari di autovalutazione da sottoporre al paziente per valutare la gravità della disfagia e quanto il disturbo stia incidendo sulla sua salute personale e sulla vita sociale.

Medico visita paziente con disfagia

iStock.com/jeangill

Con la visita medica (che potrebbe richiedere l’ausilio di diversi specialisti):

  • si osserva un’eventuale presenza di cannula tracheostomica o di protesi dentale, e loro adeguatezza
  • si ispeziona il collo alla ricerca di masse, gozzo, linfonodi ingrossati
  • si ispeziona la bocca, osservando se ci siano
    • anomalie anatomiche,
    • esiti chirurgici,
    • ristagno di cibo o saliva,
  • si osserva la funzionalità della bocca e delle altre strutture coinvolte nella deglutizione, attraverso i seguenti inviti:
    • muovere la lingua,
    • schioccare la lingua,
    • soffiare,
    • leccare le labbra,
    • mandare un bacio,
    • pronunciare la vocale a,
    • gonfiare le guance,
    • aprire e chiudere la mandibola,
    • muovere il capo
  • si valuta la sensibilità tattile e termica della pelle attorno alle labbra, della lingua e del palato,
  • si esegue la prova di suzione (il paziente deve aspirare con una cannuccia un piccolo quadrato di carta, trattenendolo per qualche secondo)
  • si valuta lo stato di vigilanza e la capacità di comunicazione del paziente,
  • si esegue una prova di deglutizione (il paziente viene invitato a deglutire un cucchiaino di cibo morbido (e poi di liquido) mentre il medico poggia delicatamente la mano sulla gola del paziente per valutarne clinicamente il movimento),
  • si esegue una prova di masticazione (il paziente viene invitato a masticare un grissino o un cracker mentre il medico osserva i movimenti di apertura e chiusura della bocca, della mandibola e della lingua),
  • si esegue la prova del bicchiere d’acqua (il paziente viene invitato a bere con un cucchiaino o un bicchiere piccoli sorsi d’acqua mentre il medico osserva se ciò scatena un colpo di tosse),
  • si ausculta con il fonendoscopio il collo.

Tra i principali specialisti coinvolti ricordiamo l’otorinolaringoiatra e il neurologo.

In alcuni casi è possibile che vengano richiesti esami del sangue o strumentali, tra cui una videofluorografia digitale con bario, che consente di effettuare una valutazione precisa e diretta della morfologia e funzionalità delle strutture coinvolte in tutte le fasi della deglutizione. L’esame richiede che il paziente venga esaminato seduto, in proiezione laterale, anteriore e posteriore; l’esame richiede ambienti, attrezzature e personale sanitario adeguato, ma non è particolarmente invasivo e non ci sono limitazioni alla sua esecuzione dell’esame (per età, condizioni fisico-cliniche del paziente, …).

Lo studio fibroendoscopico della deglutizione

  • necessita di un fibroscopio, ossia uno strumento a fibre ottiche flessibile che viene introdotto nel naso ed è collegato ad un monitor che videoregistra come il paziente deglutisce piccole porzioni di cibo di varie consistenze (impregnato di colorante) che vengono date durante l’esame,
  • consente di fare diagnosi, prelievi bioptici, dilatazioni curative (ove indicati).

Altri possibili esami che il medico può richiedere, a seconda del sospetto diagnostico, consistono in

Questi esami permettono di distinguere se la disfagia abbia un’origine funzionale (cioè se sia legata ad un’alterazione in una fase della deglutizione) od un’origine psichiatrica; inoltre consentono di stabilire l’eventuale causa funzionale della disfagia, indispensabile al medico per impostare la cura più corretta.

Cura e rimedi

Se il paziente può nutrirsi per via orale, è bene che segua una dieta confezionata ad hoc da un medico nutrizionista, dopo visita e valutazione del suo stato nutrizionale, tramite indice BMI ed ausilio di test quali

  • MUST (Malnutrition Universal Screening Tool)
  • NRS (Nutritional Risk Screening)
  • MNA (Mini Nutritional Assessment)

È utile fornire consigli su cosa e come mangiare, in particolare quali cibi scegliere in base alla consistenza

  • semiliquida,
  • semiliquida più densa,
  • semisolida,
  • morbida,
  • solida,
  • libera.

La consistenza più sicura è la semisolida frullata e l’uso di liquidi più densi.

Il paziente viene inoltre edotto sulla

  • postura da adottare durante i pasti (solitamente si invita il paziente a mangiare seduto con appoggio comodo di avambracci e spalle, piedi ben appoggiati e capo non iperesteso; meglio con la testa leggermente flessa e mento in giù)
  • necessità di mangiare lentamente, evitando di parlare contemporaneamente,
  • utilità di un colpo di tosse delicato dopo la deglutizione (o schiarirsi la gola) per controllare o liberare la gola dall’eventuale presenza di cibo,
  • rimozione di residui alimentari dalla bocca con sciacqui con acqua e bicarbonato o collutorio per il mantenimento della giusta igiene orale.

Per alcuni pazienti il trattamento può richiedere la pratica regolare di esercizi muscolari per rafforzare i muscoli facciali deboli o per migliorare la coordinazione, per altri la necessità di imparare a mangiare con modalità alternative, ad esempio con la testa girata di lato o guardando dritto davanti a sé.

Nel caso di impossibilità di ingerire liquidi si rende indispensabile il ricorso a sostanze addensanti, da aggiungere a bevande e cibi liquidi.

Quali cibi sono da evitare?

Gli alimenti più a rischio di causare difficoltà con la deglutizione sono

  • cibi con una parte liquida ed una solida (ad esempio minestre in brodo, macedonia, yogurt con pezzi di frutta, …)
  • legumi (in particolare la buccia di piselli, lenticchie, fagioli e ceci)
  • torte secche
  • cibi a doppia temperatura caldo-freddo (ad esempio frutta mescolata a gelato)
  • cibi scarsamente compatti con tendenza a frammentarsi (pane, riso, carne tritata)
  • verdure a fibra lunga (ad esempio fagiolini con il filo, foglie di cavolo, carciofo, insalata, finocchio)

Quali alimenti sono più semplice da deglutire?

Tra i cibi consigliati troviamo

  • omogeneizzati di verdure o carne
  • budini
  • creme
  • gelati
  • cibi omogeneizzati o frullati
  • cibi con unica temperatura
  • formaggi teneri
  • passati di verdure
  • purea di patate.

L’aspetto esteriore del cibo non andrebbe mai sottovalutato: un piatto che si presenta bene risulta più appetibile ed aiuterà il paziente a mangiare con maggior gradimento.

Follow-up e alternative

È opportuno monitorare costantemente lo stato di idratazione e nutrizione del paziente, ed aggiungere se indicato supplementi orali come integratori alimentari ipercalorici e proteici o consigliare 5-6 piccoli pasti giornalieri in sostituzione dei comuni 3 pasti principali (colazione, pranzo e cena).

Se il paziente non può nutrirsi per via orale, occorre attivare la nutrizione artificiale, tramite

  • nutrizione parenterale
  • sondino naso-gastrico
  • nutrizione enterale tramite PEG (gastrostomia percutanea endoscopica)

In caso di stenosi, anelli, spasmi, potrebbe essere effettuata una dilatazione chirurgica.

Altre cure chirurgiche e/o mediche sono mirate, laddove possibile, alla correzione della causa scatenante la disfagia.

Fonti e bibliografia

  • Principi di Medicina Interna – Harrison

 

A cura della Dr.ssa Tiziana Bruno, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.