Incontinenza fecale: cause, sintomi e cura

Introduzione

L’incontinenza fecale è una condizione caratterizzata da un’emissione involontaria di gas o feci.

Nonostante chi soffre di tale condizione possa percepire o meno lo stimolo all’evacuazione, il risultato è comunque la perdita involontaria di feci o gas; in genere si riscontra l’incapacità di controllare l’evacuazione o di posticiparla in caso di urgenza, nei momenti socialmente più opportuni.

Tale disturbo si presenta in circa il 2% della popolazione, soprattutto negli individui di sesso femminile dopo i 40-50 anni, sia per una maggiore lassità dei tessuti muscolo-scheletrici pelvici rispetto al sesso maschile, che come conseguenza di una lesione ostetrica dopo un parto.

L’incidenza aumenta sensibilmente in età anziana, dopo i 70 anni, a causa del fisiologico invecchiamento sia anatomico che funzionale dell’apparato sfinterico (esattamente come avviene in caso di incontinenza urinaria).

Normalmente tutte le sostanze e gli alimenti ingeriti attraversano l’apparato gastro-enterico e, grazie ai movimenti di peristalsi intestinale, raggiungono l’ampolla rettale, ultima porzione dell’intestino che ha la funzione di raccogliere le feci; qui si assiste ad una compattazione delle feci fino ad avvertire lo stimolo alla defecazione, con conseguente gestione dell’evacuazione nei momenti e nei luoghi socialmente più opportuni.

La defecazione segue un ritmo biologico periodico che nella maggior parte dei casi prevede una defecazione al giorno, con evacuazione di circa 150-200 grammi di feci normocromiche e normoconformate (possono tuttavia essere considerate normali anche frequenze di evacuazione differenti).

Le principali cause che possono provocare un quadro di incontinenza fecale sono:

Il quadro clinico può presentare anche altri sintomi associati:

L’incontinenza fecale rappresenta un disturbo particolarmente invalidante dal punto di vista sociale, poiché in grado di limitare fortemente i rapporti interpersonali, e con un forte impatto psicologico su chi ne soffre, che riduce in maniera considerevole la qualità di vita del soggetto; non sono rare le conseguenze riguardanti lo sviluppo di autoisolamento, stress, ansia e depressione.

La diagnosi di incontinenza fecale prevede un percorso principalmente anamnestico che raccolga informazioni dettagliate sulle caratteristiche dell’incontinenza per un suo inquadramento generale e per risalirne ad eventuali cause sottostanti.

Risulta spesso dirimente il ricorso ad un esame obiettivo specialistico coadiuvato da esami strumentali quali:

Il trattamento per l’incontinenza fecale prevede un approccio multimodale, basato essenzialmente su

  • terapia funzionale (in caso di alterazione funzionale dello sfintere)
    • Terapia di rieducazione sfinterica basata sul biofeedback
    • Stimolazione nervosa tramite neuromodulazione sacrale
  • trattamento chirurgico (in caso di lesione anatomica dello sfintere)
    • sfintero-plastica, per la ricostruzione chirurgica dell’apparato sfinterico lesionato (tramite una riparazione diretta, una gracilo-plastica o l’utilizzo di uno sfintere anale artificiale)
    • correzione di un prolasso rettale o di una lesione ostetrica post-partum
    • confezionamento di una derivazione intestinale (stomia) in casi estremi e selezionati

La prognosi dipende dalla causa sottostante che ha provocato la condizione di incontinenza fecale, in caso di lesione anatomica la prognosi peggiora rispetto ad una causa puramente funzionale.

Cause

Tra le cause più frequenti di incontinenza fecale ritroviamo:

  • Lesione ostetrica post-partum: rappresenta una delle cause più frequenti nelle donne. Durante il parto possono crearsi lesioni a livello dello sfintere anale esterno, che inizialmente si presenta senza sintomi particolari; progressivamente nel tempo, man mano che gli sfinteri muscolari “perdono” la loro forza e la loro tonicità, la loro pregressa lesione strutturale si manifesta con episodi di incontinenza fecale, maggiormente intorno ai 60-70 anni.
  • Pregressi interventi chirurgici a livello del colon discendente, sigma o intestino retto, prostata e vescica; nelle donne sono molto frequenti gli interventi di natura ginecologica, come causa di incontinenza fecale sia a breve che a lungo termine
  • Sindrome da intestino corto
  • Prolasso rettale, per via dell’indebolimento muscolare dell’apparato sfinterico o del pavimento pelvico
  • Malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa
  • Sindrome del colon irritabile
  • Emorragie cerebrali o ictus ischemici con esiti neurologici
  • Malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla
  • Cerebropatie come il morbo di Parkinson o il morbo di Alzheimer
  • Meningite o encefalite
  • Coma cerebrale da svariate cause
  • Sincope o crisi epilettiche
  • Lesione del midollo spinale a livello di S3-S4
  • Tumori infiltranti il colon e il retto
  • Neuropatia alcolica
  • Pregressa radioterapia eseguita a livello pelvico (ad esempio in caso di tumori della prostata)

Classificazione

L’incontinenza fecale può essere classificata come:

  • Attiva: quando il paziente avverte tale fastidioso sintomo
  • Passiva: quando il paziente non si accorge della perdita di feci (fenomeno che prende anche il nome tecnico di “soiling”).

È inoltre possibile operare una distinzione basata sulla gravità del disturbo:

  • Incontinenza solo ai gas
  • Incontinenza con presenza di soiling, ovvero con piccole perdite di feci
  • Incontinenza moderata, con perdita di feci liquide e gas
  • Incontinenza grave, con perdita di gas, feci liquide e solide

Sintomi

L’incontinenza fecale è un sintomo, di per sé piuttosto invalidante, che tuttavia può associarsi ad ulteriori disturbi che rendono ancora più complesso il quadro clinico di tale condizione:

  • Dermatiti in corrispondenza della zona anale, poiché in tale zona la continua perdita di feci si viene a creare un ambiente quasi sempre umido con macerazione della cute che difficilmente tende a risolversi
  • Prurito anale, spesso esito della dermatite suddetta
  • Lesioni ulcerose a livello anale
  • Flatulenza
  • Gonfiore addominale

Complicazioni

Si sviluppano spesso conseguenze psicologiche e sociali all’incontinenza: l’individuo affetto da tale condizione può presentare disturbi del comportamento, soprattutto in ambito sociale, con tendenza all’isolamento, stress, ansia e depressione.

Diagnosi

In caso di incontinenza fecale è opportuno rivolgersi ad un medico specialista di tale problematica, ovvero un chirurgo generale specializzato in Proctologia.

Il riscontro di una incontinenza fecale richiede una accurata diagnosi che deve partire un’attenta anamnesi da parte del medico per capire se ci possano essere patologie sottostanti responsabili dello sviluppo di tale condizione patologica, ovvero una sorta di intervista medico – paziente con cui viene a ricostruirsi l’intera storia clinica sia recente che passata.

L’anamnesi inoltre è fondamentale nell’inquadramento generale e nel registrare gli episodi di incontinenza fecale assieme al tipo di feci che vengono emesse nei vari episodi giornalieri.

Il medico con l’anamnesi dovrà indagare in particolare:

  • Stile di vita ed abitudini alimentari del soggetto
  • Frequenza delle evacuazioni
  • Eventuali farmaci assunti
  • Patologie sottostanti
  • Pregressi interventi chirurgici

La scala di Wexner è uno score specialistico che permette di ricostruire nel dettaglio la tipologia di incontinenza fecale, associando un punteggio ad alcuni parametri quali:

  • Incontinenza gas
  • Incontinenza a feci solide
  • Incontinenza feci liquide
  • Uso di pannolini o similari
  • Interferenza dell’incontinenza nella vita giornaliera del paziente

Tali parametri vengono incrociati ad un fattore temporale, ovvero quanti episodi di incontinenza si verificano in un determinato periodo di tempo:

  • Mai
  • Meno di un episodio al mese
  • Più di un episodio al mese ma meno di uno a settimana
  • Più di un episodio a settimana ma meno di uno al giorno
  • Più di un episodio al giorno

L’esame obiettivo dev’essere completo e dettagliato, nella possibilità di repertare tutti quei segni e sintomi presentati dal paziente, per consentire al medico al medico di individuare l’eventuale causa sottostante responsabile della comparsa di incontinenza fecale.

L’esplorazione digito-rettale (EDR) assume un ruolo significativo in tale patologia, poiché permette di valutare in prima istanza il tono sfinteriale, la presenza di lesioni a livello anale e rettale o altre anomalie come una condizione di prolasso rettale.

Tra gli esami più utili nel formulare la diagnosi della causa dell’incontinenza fecale possono essere:

  • Esami ematochimici standard, utili soprattutto nella valutazione degli indici infiammatori (proteina C-reattiva, globuli bianchi, piastrine) e dell’emoglobina (in caso di anemizzazione)
  • Esami strumentali radiologici: la radiografia diretta dell’addome rappresenta un’indagine di I livello, utile nel riscontrare la presenza di aria libera in addome o la presenza di livelli idroaerei; come indagini di secondo livello sarà richiesta l’esecuzione di una TC addome e di una risonanza magnetica.
    • La TC Addome rappresenta il gold standard per la diagnosi di moltissime patologie a carico degli organi addominali, ed in tal caso può essere risolutiva nell’individuare, ad esempio, un tumore del colon-retto che si è reso responsabile dell’incontinenza fecale.
    • La risonanza magnetica è ampiamente indicata in tale patologia, poiché permette uno studio accurato dei tessuti molli e muscolari di tutta la pelvi, scovando quasi sempre la possibile causa di un’incontinenza fecale non funzionale (ovvero con una lesione anatomica).
  • L’esame microscopico delle feci, che consiste nell’allestimento di un preparato microscopico di feci a fresco che viene posto su un vetrino per l’osservazione al microscopio
  • La coprocoltura, che rappresenta l’esame batteriologico delle feci, viene utilizzata per la ricerca di eventuali germi patogeni a livello intestinale.
  • La calprotectina fecale, una proteina delle cellule infiammatorie che è possibile ricercare nelle feci, se presente indica una condizione di infiammazione intestinale, come nei casi di rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn, tumori gastrici e intestinali, patologia diverticolare del colon od enteriti infettive.

Infine, gli esami strumentali più specifici per inquadrare una condizione di incontinenza fecale sono:

  • Ecografia endorettale: può identificare la presenza e la posizione di eventuali lesioni sfinteriali e misurarne l’estensione. Offre inoltre informazioni qualitative sulla funzionalità degli sfinteri, misurandone lo spessore ed altre alterazioni in termini di ecogenicità
  • Manometria anale: può quantificare la pressione che esercitano gli sfinteri anali sia esterno che interno, indicando quello maggiormente compromesso.
  • Pancolonscopia o rettosigmoidoscopia: esame endoscopico che permette una visione diretta dell’ultimo tratto intestinale, con valutazione di lesioni a livello della mucosa.
  • Defecografia: esame radiologico che studia le alterazioni del pavimento pelvico che a loro volta causano problemi nella defecazione. Si basa sull’utilizzo di un mezzo di contrasto che viene iniettato in ampolla rettale e che simula le feci.
    Il paziente a quel punto viene posizionato su un sedile particolare che scatta diverse radiografie seriate, documentando tutti i movimenti del retto durante la defecazione, permettendone lo studio di eventuali alterazioni presenti.
  • Misure elettrofisiologiche: valutano la funzionalità dell’innervazione della muscolatura che partecipa alla defecazione, come ad esempio i nervi pudendi.

Cura

Il trattamento per l’incontinenza fecale può prevedere un approccio multimodale basato essenzialmente su:

  • Terapia funzionale
  • Trattamento chirurgico (in casi selezionati)

Uno dei fattori determinanti nell’orientamento dell’approccio ideale consiste nella valutazione dello sfintere, che può essere anatomicamente integro o meno.

Terapia funzionale

Utile nel caso di sfintere anatomicamente integro, ma che presenti un’alterazione nella sua funzionalità sia a livello nervoso che a livello muscolare, la terapia funzionale può prevedere combinazioni variabili di

  • Terapie di rieducazione sfinterica basata sul biofeedback: viene fornito al paziente un rilevatore particolare che permette di visualizzare o ascoltare un segnale correlato con la contrazione del proprio sfintere. Il paziente, edotto dal medico-chirurgo, esegue esercizi pelvici prestabiliti utilizzando il suddetto rilevatore, che assicura sulla corretta esecuzione mediante un continuo feedback.
  • Stimolazione nervosa: tramite l’impianto di un piccolo dispositivo (neuromodulatore sacrale), e con parametri stabiliti dal medico, possono essere stimolati il nervo tibiale anteriore o le radici del sacro; in alcuni pazienti tale stimolazione riesce a migliorare l’innervazione dell’apparato sfinteriale e a migliorarne la funzionalità, riducendo le problematiche legate all’incontinenza fecale.

Terapia chirurgica

In caso di lesione dello sfintere anale, ovvero con presenza di una lesione anatomica ma con una funzionalità ancora conservata, si rende opportuna l’esecuzione di un intervento chirurgico in regime di elezione; tale intervento prevede una sfintero-plastica, ovvero la ricostruzione chirurgica, in base al tipo di lesione presente, della continuità anatomica dell’apparato sfinterico lesionato, permettendo un ripristino quasi completo della sua struttura e una guarigione curativa nella maggior parte dei casi.

Uno dei gli interventi più eseguiti prevede la gracilo-plastica, in cui viene prelevato il muscolo gracile dalla coscia che viene poi utilizzato per la ricostruzione dell’apparato sfinterico.

Altra possibilità chirurgica è quella di utilizzare, in caso di sfintere anale fortemente danneggiato, uno sfintere anale artificiale.

La chirurgia entra in gioco anche per la correzione di un prolasso rettale, di una lesione ostetrica post-partum o in caso di tumori del colon-retto.
Nei casi estremi, quando la qualità di vita sia fortemente compromessa e dopo un esaustivo colloquio tra medico e paziente, può essere intrapresa la strada di una derivazione intestinale, sotto forma di colostomia od ileostomia, procedure che permettono la fuoriuscita delle feci all’esterno in una busta di raccolta attraverso una apertura artificiale creata a livello della parete addominale.

Anche dopo l’intervento può rendersi necessario una terapia funzionale e riabilitativa, che consenta un ripristino completo e corretto della funzionalità sfinteriale, riacquistando la completa continenza anale.

 

A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo.

 

Fonti e bibliografia

  • Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1-2 (17’Ed. McGraw Hill).
  • Chirurgia. Basi teoriche e chirurgia generale – Chirurgia specialistica vol.1-2 di Renzo Dionigi. Ed. Elsevier
  • Semeiotica medica. R. Muti. – ed. Minerva Medica.

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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